Il languore arriva quando il sole cala in un tramonto retorico, isterilito ai più dai minuscoli occhietti degli smartphone.
È un languore futile: la fame del tardo pomeriggio annoiato, la sete del corpo rinsecchito dal caldo. Non contagiano le fiamme di luce che dall’acqua ascendono e accendono il cielo, non iniettano di melancolia il mio nuovo animo pertinace, scalfito a sangue solo dalle ferite della adorabile e adorata amica convalescente da un investimento.
I baffetti sono il segno più sporgente della sagoma del giovane gestore del lido. Lavora da ciascun’alba sino a poco prima della successiva, tutti i giorni. Anche la breve tregua cui si abbandona, essendo necessità, è lavoro, serve per il lavoro. Il corpo così è asciutto, teso.
La sorella presidia la cassa e ingrassa cosce, culo e portafoglio. A voler resistere alla tentazione lombrosiana, a non voler tradurre in tratti del carattere i segni dei volti e dei corpi, da essi almeno si può cogliere l’affacciarsi di indizi dei mestieri.
Ho portato il mio vino rosso. Francese, per violare la volgarità dei bagnanti, la banalità dei culi ostentati, l’indecenza dei sandali e dei talloni. L’afa lo ha riscaldato troppo e Luca intuisce la necessità di un bicchiere ghiacciato. Ne porta tre, e si accomoda con Rosa, bellezza paesana di grazia grossolana, al mio tavolo, un cantuccio che spazia sul degenere panorama umano e su quello retorico, già detto, del tramonto. Sta nella brezza la voluttà della sistemazione.
L’opacità del bicchiere brinato lascia presagire freschezza e sollievo. Il colore del vino è sensuale, dal rubino, che pare virare al granato, inaspettatamente, parte un’onda rosacea, fugacemente cardinalizia. C’è un’intera gamma di colore a muoversi nel bicchiere. La tensione leggera disegna curve larghe sulle pareti del calice (il plebismo del linguaggio tecnico le definisce archetti) dove il vino ha volteggiato. Le lacrime scendono rapide, il vino si muove leggero.
Ribes, begonia, rovi, vivaci bacche rosse. Si presagisce un panorama boscoso eppur vivido, sicuramente rinfrescante.
Il sorso dà una sensazione di pienezza, freschezza e avvolgenza, con avvertimenti pepati e balsamici. Resta, infine, una lunga e succulenta sensazione di frutta croccante e vivace.
Luca sale sul Bobcat per setacciare e lisciare la sabbia. Rosa vuole sapere del vino, della Francia, di quello che scrivo. Finiamo la bottiglia, andiamo a prenderne un’altra.
Il Pinot Noir della Borgogna, anche nelle versioni più semplici, nelle denominazioni più marginali, è il più sincero alleato di tutte le dolcezze dell’umanità.
Bourgogne Passetoutgrain 2016
Domaine Forey Père & Fils
In enoteca € 16