Mellusi e i mastri torronai
«Quando i calzoni rossi del soldato papale
ancora percorrevano la Strada Magistrale,
umida e angusta, quando ancora il monumento
a Traiano una porta era di Benevento
questa città, ristretta in vedovili zone
di terra, ultima gloria, aveva il suo torrone».
Così scriveva nel 1898 Antonio Mellusi, storico, poeta e deputato sannita di fede repubblicana, nel suo bel poemetto Il Torrone di Benevento.
Dolce delizioso nato dall’impasto dei prodotti della zona, nocciole e miele: “così la maschia prole del Sannio, ne l’estate, coglieva le nocciuole. Come l’api volavano allor sui nostri fiori, il biondo favo strinsero così gli agricoltori, e del miele sannitico le fragranze stupende descritte son talora ne le arcane leggende”.
Destinato al piacere dei bambini, il torrone di Benevento era così buono da essere degno del Papa. Sicché si diffusero varie diciture come torrone del Papa o Torrone Vaticano.
Nel periodo di Natale, ancor nell’ottocento, il corso principale era un tripudio di artigiani che preparavano o solo vendevano torrone.
Quella tradizione, nella città che fatica a valorizzare le sue produzioni tipiche e la sua stessa storia, è oggi conservata grazie a un fabbricante industriale, Alberti, che produce il liquore Strega e diverse tipologie di torrone, e da un paio di mastri torronai artigiani. Erano una ventina ancora alla metà dell’ultimo secolo del millennio passato.
Tradizione in estinzione. La scuola che non c’è
Umberto Russo ha iniziato come operaio della storica ditta D’Auria, di cui ha acquisito l’attività non proseguita da alcuno degli eredi del torronaio. «È un mestiere storico che sta scomparendo, quello del torronaio. Nessuno vuol continuare o imparare. Nemmeno ci si preoccupa di organizzare una scuola che sia luogo di formazione e conservazione di pratiche produttive tradizioni, facenti parti della nostra identità beneventana».
Senza l’enfasi, oggi retorica e spesso ipocrita, sull’origine delle materie prime, Russo, portatore orgoglioso della storia ben narrata dal Mellusi, impiega solo nocciole, miele e altri ingredienti prodotti localmente. È una sorta di silenzioso dovere, il vincolo al territorio, una delle regole inviolabili di un mestiere che è e resta nobile finché tramanda modi di fornirsi, produrre e vendere.
Il torrone Vaticano
Classico, Vaticano, Sportivo e Tenero al cioccolato sono le principali produzioni di torrone di Russo. Il classico è il bianco impasto di miele, albume e mandorle e lo sportivo è lo stesso impasto ricoperto di cioccolato. Peculiare della produzione di Russo, ereditata da D’Auria, è il torrone Vaticano. Nasce come una sorta di cremino, con l’impasto morbido di albume, nocciole e miele, steso su una tavoletta di legno e ricoperto di cioccolato, posto ad asciugare naturalmente e venduto in una scatolina di cartone con una riproduzione della Basilica di San Pietro.
L’inscatolamento in astucci, come riferito da un articolo apparso sulla Rivista Storica del Sannio nel 1921, fu avviata all’inizio del novecento per dar pregio alle produzioni migliori.
Non per caso i torroni del Papa e della Regina, per i quali si impiega zucchero e non miele, seppur nell’impasto presentino la vivacità e la freschezza della frutta candita e siano ricoperti con naspro e granella di zucchero, vengono proposti avvolti in carta colorata.
Produzione tradizionale, pressoché esclusiva di Russo, poi, sono le Tozze di Monaco, impasto di zucchero, farina, frutta candita, rivestito di cioccolato. Si vendevano un tempo come prodotto da banco e per questo sono anche dette Tozze da Bancone. Pare traggano origine dall’usanza dei frati francescani di distribuire ai poveri, appallottolato, il pane non consumato.
Oggi che Umberto Russo ha lasciato la bottega, l’attività prosegue grazie al consorzio Sale della Terra e a Vladimir Leshan.
Buon dolce Natale.
Pasticceria Russo
Benevento – via Gaetano Rummo, 17
Tel. 0824 24472
La ruota di Mastella è antimastelliana