Antonello Egizi è un colosso, per la sua fisicità esuberante, per il suo carattere ruvido, come quello dell’uomo che può affrontare la vita caricandola in spalla, per la grandezza della sua abilità nel trattare i formaggi. Si fa chiamare “casciaro” declinazione abruzzese di caciaio, l’uomo che fa e vende il formaggio.
In verità, nella gola solcata dal fiume Liri, tra il gruppo montuoso di Pescasseroli e i monti Ernici, a Balsorano, Egizi con creatività, passione, sapienza e profonda conoscenza degli effluvi odorosi di ogni specie di erba montana e non, affina formaggi.
L’affinamento nasce anticamente come tecnica per conservare e favorire il consumo del formaggio: cospargere le forme di erbe, olio ed altri vegetali era un modo per preservare il cacio dall’attacco delle muffe e dei batteri. L’evoluzione della tecnologia per la conservazione ha assegnato una nuova funzione all’affinamento: l’arricchimento del sapore, l’attribuzione di qualità ulteriori.
Armonizzare essenze di zafferano, salvia, pepe, menta, polvere di cacao, rosmarino selvatico, cardamomo, coriandolo e qualsiasi altro ben di dio donato dalla natura selvaggia, col gusto di formaggi prodotti a partire da latte, ovino, caprino, vaccino o, addirittura, da una loro miscela è alchimia che non si gestisce matematicamente, secondo schemi prestabiliti. Occorrono un naso ed un palato sopraffino, certo, ma non basta. La sublimazione del formaggio, quando sensazioni animali si frammischiano ad afrori di terra per raggiungere l’empireo del piacere gustativo, si può ottenere solo con una cura amorevole, la costante osservazione dell’evoluzione dei colori, della consistenza, delle muffe buone che avvolgono o anche penetrano le forme poste a stagionare ed affinare.
Gli erborinati di Egizi vanno assaporati ad occhi chiusi, respirando profondamente perché sprigionino la propria potenza quasi balsamica. Non è uno spreco usarne per mantecare un piatto di spaghetti; il calore della pasta contribuisce, infatti, ad una esalazione di aromi ancora più impetuosa. Dimenticare la sapidità degli erborinati industriali per scoprire l’aromaticità complessa di muffe gestite manualmente desta uno stupore paragonabile solo alla scoperta del mar dei caraibi dopo una vita di bagni sui litorali nostrani.
Il laboratorio di Balsorano è pulito come una clinica per vip e da quel che abbiamo avuto modo di provare effettivamente vip sono i formaggi. Non è un caso del resto se Albino Armani, storico viticoltore veneto, invii quaggiù le vinacce di Foja Tonda, antico vitigno autoctono del veneto, perché siano destinate ad affinare il Pecorino di Farindola, inebriante pecorino abruzzese, presidio di biodiversità, penetrante, persistente, ammaliante.
Il vero giacimento, tuttavia, è altrove; bisogna abbandonar le auto adatte alle strade asfaltate ed avventurarsi lungo un sentiero sterrato, superando anche i massi di una frana, per raggiungere la grotta in cui Antonello Egizi affina, purtroppo,solo per consumi privati e prove di nuovi abbinamenti, forme di ogni foggia e di ogni latte. Il freddo è penetrante quanto intenso è il bruciore delle narici aggredite dagli aromi delle spezie e delle erbe stivate negli scaffali in flaconi che paiono di un’antica farmacia. La farmacia naturale dell’affinatore. Fascino, stupore, incredulità.
Il “casciaro” ci racconta, con una dolcezza di toni che contrasta con l’asprezza dell’aspetto e la ruvidezza dell’accento, della necessità di studiare evoluzioni dei gusti dei formaggi e dei singoli affinamenti per poterle proporre agli chef più esigenti e rinomati (Heinz Beck, Gennarino Esposito, Fabio Baldassarre, per citane alcuni) o per poter rispondere alle loro richieste.
Una giornata tra i monti, una giornata in cui siamo rientrati col naso ubriaco di odori ed il palato incontato dai sapori.
Antonello Egizi – Forme d’Autore Località Pagliare – Balsorano – AQ www.formedautore.com articolo apparso sul “ROMA” del 10 gennaio 2015, nella rubrica Odissea Gastronomica