Un uomo che abbia attraversato intemperie d’ogni varietà. Uno avvezzo all’entusiasmo, alla velocità, all’avanzare, all’oltre. Un solitario scontroso e accogliente, un cocciuto malleabile, un sorridente con le gengive infiammate dall’aria. Un inquieto, agitato, un uomo con la febbre perenne, le pulsazioni violente, gli spasmi che frustano le arterie e le vene, i muscoli smaniosi.
Un uomo così lo si abbandona. Lo si lascia perché è complicato. Lo si isola perché ce la fa. È forte, c’ha la tempra, l’impeto per tutto.
E poi vomita sulle ferite aperte dentro e fuori, cura la pelle che sotto sanguina. Non guarisce mai.
Arriverà un fiore sulla sua tomba. Forse.