Dal 30 gennaio al 15 febbraio “Exempla, il grand tour del saper fare campano” espone nella stazione di Milano centrale le eccellenze dell’artigianato campano per promuovere e rafforzare l’immagine turistica della regione. A margine della mostra, poi, workshop e focus tematici.
L’iniziativa, organizzata dall’Agenzia Campania Turismo, sostenuta dalla Giunta Regionale, è promossa dall’Assessore al Turismo, professor Felice Casucci.
Le destinazioni turistiche enogastronomiche è stato il tema del quale, venerdì scorso, hanno dibattuto accademici, esercenti, chef, cuochi, piazzaioli e rappresentanti di associazioni di categoria.
Breve e puntuale l’introduzione dell’Assessore che ha ribadito gli obiettivi dell’iniziativa e presentato un video realizzato per rappresentare la percezione della Campania a Milano.
Pur partendo da diversi punti di osservazione, le analisi e le esperienze hanno fatto emergere una identità di vedute in merito al principale punto di forza dell’offerta turistica enogastronomica: la forte, riconoscibile identità culturale dell’enogastronomia campana nel contesto di una ricca e vivace biodiversità.
Individualismo e biodiversità
Riccardo Sacchi, docente di scienze e tecnologie dell’alimentazione all’Università Federico II di Napoli, nell’intervento introduttivo, ha spiegato come le radici della ricchezza varietale delle produzioni agricole regionali allignino non solo nella straordinaria diversità dei territori, quanto anche nell’atteggiamento competitivo dei contadini, custodi gelosi dei propri semi e delle proprie pratiche. Così le «diverse colture sono l’esito di diverse culture». Esemplare in tal senso la vicenda del pomodoro di cui in Campania esistono 53 ecotipi.
Analogo fenomeno si registra nel settore della produzione della mozzarella di bufala ove, alla nota, grande divaricazione gustativa e sensoriale tra mozzarella casertana e cilentana, si affianca la diversa caratterizzazione dei singoli caseifici. Sul punto è intervenuto Ettore Bellelli, vicepresidente del Consorzio per la tutela della mozzarella di bufala campana DOP, il quale non ha mancato di rimarcare il successo del prodotto campano, che 9 italiani su 10 mangiano almeno una volta l’anno e che in Francia ha superato il Camembert per vendite.
Il friariello e il cucinare quale fare collettivo
Tra pomodoro e mozzarella, però, il friariello gode.
Il cibo è «il grimaldello per entrare in rapporto emozionale con la Campania». «Il mancato apprezzamento del friariello è percepito quasi come un affronto personale» perché i campani si esprimono attraverso la cucina che nella loro regione è un fare collettivo. Lo ha affermato, tra altre interessanti osservazioni Elisabetta Moro, docente di antropologia all’Università Suor Orsola Benincasa.
Tutelare gli equilibri della natura mediterranea
Se è vero che i giacimenti enogastronomici oggi orientano sempre più le scelte delle destinazioni dei turisti, è altresì da considerare il crescente rilievo attribuito a valutazioni etiche e ambientali.
Su questo punto netto è stato il grande chef Alfonso Iaccarino, patron pluristellato del don Alfonso 1890, fondato 50 anni fa (1973). «Il rapporto con la natura è decisivo ed essenziale è il ripristino dell’equilibrio tra gli agenti naturali» che l’uomo ha alterato con scelleratezza, importando razze animali straniere e ora gli insetti edibili, il cui allevamento potrà avere effetti devastanti per le tradizioni mediterranee. «Qui in Italia l’ambientalismo è spesso posa, ipocrisia, divieto, finanziamenti mal destinati. In Scozia il governo finanzia la pastorizia che è pratica essenziale per un ambiente sano». Parla insolitamente a lungo, con pacatezza e passione. Le parole di Iaccarino, ravvivate dai lumi di una saggezza distillata dalla pratica, da un ambientalismo radicale e da un proficuo confronto con uomini di scienza, sono accorate. Se ne ricava l’idea che il presupposto per trattare con maestria i sapori, mescolarli, esaltarli non possa non risiedere in una sensibilità speciale per la natura generatrice.
Accoglienza, arte, tradizione
Il rilievo strategico dell’offerta di piatti tradizionali in un contesto di buona accoglienza e ambiente curato è stato al centro dell’intervento Massimo Di Porzio, titolare del ristorante Umberto e Presidente di Confcommercio Napoli. Di quanto una preparazione tipica possa pesare nel far da vetrina e volano a un territorio, citando il caso della pizza a metro per Vico Equense, ha, poi, discusso Margherita Aiello, esercente del Wembley e Presidente Aicast.
La Campania oltre i confini della Campania
La Campania è territorio gastronomico riconoscibile e ricercato oltre i confini fisici regionali. Tanto è confermato dalle esperienze riferite da Lorenzo Sirabella, pizzaiolo classificato nella top ten italiana e mondiale nonché direttore dell’accorsato Dry Milano, e da Marco Ambrosino. Un cuoco intellettuale (non gli piacerà la definizione), quest’ultimo, capace di offrire una interessantissima definizione di tradizione come bagaglio di saperi e sapori in perenne adeguamento ai tempi.
Ischia
Il convegno si è chiuso con un focus su Ischia. Silvia D’Ambra e il fratello Agostino, cuoco dello storico ristorante tradizionale Il focolare, ne hanno raccontato l’ambivalenza del rapporto terra-mare, la sua estrema diversità nell’ambito dei soli 46 chilometri quadrati. L’impronta culturale dell’enogastronomia campana trova anche nell’isola la sua conferma con l’impossibilità di poter individuare una versione universale della ricetta del coniglio all’ischitana.
Tommaso Luogo, infine, giovanissimo chef del Mirto, insignito della stella verde Michelin, ha raccontato l’esperienza del ristorante vegetariano e della possibilità offerta dall’isola di poter coltivare e raccogliere una straordinaria varietà di erbe e vegetali da destinare alla cucina.
Il convegno ha visto l’alternarsi di un folto pubblico di viaggiatori e curiosi e la presenza di una vivace, fotografante rappresentanza asiatica.