coda di volpe oppida aminea

È terribile il clima a Benevento, lo riferiscono i ricorrenti lamenti degli abitanti e dei visitatori occasionali. È per via della posizione: il nucleo storico, l’abitato della città, si trova al centro di una conca. Per uscire da Benevento, del resto, qualsiasi sia la direzione imboccata, occorre salire.

Ed è uscendo verso nord est che si sale lungo pendii collinari dolcissimi. La strada provinciale n. 127 corre sul crinale delle brevi alture da cui la vista spazia da un lato sulla campagna sottratta al suo uso agricolo dal tentativo effimero di dare una svolta industriale alla città e dall’altro, verso sud est, sulla campagna che è rimasta campagna ed ha assunto forme da vineyard californiana. Siamo in contrada Coluonni o Eremita. Bisogna avere calma e procedere con lentezza, prendersi il tempo per fermare lo sguardo e compiere un’astrazione dalla quotidianità e dal contesto di un paesaggio troppo spesso violato ed  offeso dalla villania dell’incultura.

Quante volte siamo passati di lì senza accorgerci che il “vigneto sannio” esprime in quelle terre uno splendore segreto?

La collina scende verso la città con curve morbidissime. Girando lo sguardo come in una carrellata cinematografica, oltre la città e le colline, la dormiente ed i monti del Partenio. Lo spettacolo è bellissimo.

Lo scenario è tanto inconsueto da non sembrare Beneventano eppur lo è nel senso più pieno perché siamo in territorio del Comune di Benevento.

La vite è allevata con ordine preciso e con spazio largo nei tre campi dell’azienda Oppida Aminea. Non so come, attraverso quale indagine, i fratelli Muratori, bresciani della Franciacorta, abbiano scelto qui i 35 ettari in cui produrre i “gialli di natura”. E’ una scelta che mi inorgoglisce, in ogni caso.

Decidere di non identificare come “bianchi” la Falanghina, il Greco, il Fiano e la Coda di Volpe può ben esser stata una scelta di marketing. Di certo il giallo è un colore che evoca calore, densità di creta, ricchezza, maturità, spiritualità. Caratteristiche che nella massima espressione si trovano nella  Coda di Volpe estratta dalle uve allevate nei primi tredici filari del campo Amineo, quello ameno, per l’appunto, della colina che scende verso la città.

La affinano a lungo, in parte anche in legno, botti grandi, perché il vino conservi il colore del terreno tufaceo, delle bacche del grappolo dalla caratteristica forma allungata e ricurva, che richiama appunto la coda di una volpe, e della luce che si irradia divinamente sulla tenuta. Lo spazio libero è vasto, si può girare su se stessi a 360 gradi, vedendo solo vigne e pendii; il sole incontrastato finisce col far prevalere il giallo su tutto, è una malìa. Ed ammaliante è anche questo vino, sin da quando lo si vede nel bicchiere, giallo oro, bellissimo. Nell’esame tecnico del vino l’aspetto visivo costituisce il primo impatto che dà indicazioni sommarie, impressioni da confermare ed approfondire. In questo caso, invece, indica la strada, quella del fascino e della voluttà, di una terra, di un’uva, di un vino. Ritrovate tutto in bocca, il sole, la morbidezza delle curve disegnate dalle colline, il persistente sapore sapido di una qualche vena calcarea che attraversa quel terreno in profondità. Territorio liquido, come si dice dei vini che esprimono un territorio.

Amo questo vitigno minore e questo vino non per le qualità eccelse che non ha ma per la sua tipicità.

Prosit.

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