Avevo in animo da molto tempo di avviare una rubrica in cui intrecciare calcio e cucina. Preciso meglio, pensavo da tempo di fare qualcosa di concreto perché le partite di calcio della squadra della mia città, Benevento, fossero occasione per un confronto cordiale tra tifosi, piuttosto che di scontro, anche solo verbale. Beninteso, la tifoseria del Benevento ha dato grande esempio di sportività, sostenendo i propri beniamini senza violenza, con grande entusiasmo anche quando erano spacciati in fondo alla classifica di serie A. Raramente al Vigorito si odono cori offensivi per gli avversari e i tifosi ospiti. E tuttavia, proprio questi ultimi vengono ingabbiati in un settore ad hoc, anche quando non vi è alcun presupposto per giustificare questo isolamento, questa ghettizzazione che trovo terribile e diseducativa, se non controproducente.
Figlio di insegnante, ho avuto inculcata l’idea dell’atto o dell’azione che sia di esempio. Ingabbiare i tifosi ospiti è un pessimo esempio. Voglio usare le mie passioni e le mie modeste abilità per offrire un esempio diverso, positivo, almeno nelle intenzioni.
Ogni settimana, allora, proverò a raccontare qualcosa della città che ospita o che è ospitata. L’obiettivo più grande sarebbe riuscire ad offrire ai tifosi ospiti un bicchiere di vino e qualcosa da mangiare. Magari un giorno ci riuscirò.
Per ora c’è il Pisa ad attenderci e provo a buttar giù qualche riga su quella città e sulle mie esperienze gastronomiche (e non solo) pisane.
Negli ultimi tre anni ho frequentato spesso la città della torre pendente, avendo abitato per larghi tratti a Lucca, che dista poco più di un quarto d’ora. Ho vissuto Pisa da ospite ma non da turista, dunque.
È una città vivace come tutte le città di grande tradizione universitaria. A Pisa, ricordiamolo, oltre alla Statale ci sono le prestigiosissime Scuola Superiore S.Anna e Scuola Superiore Normale.
Molti giovani, molti locali, molti professori e studiosi, bei commerci e offerta culturale interessante.
Fondato a Pisa nel 1982 per l’azione di un gruppo di giovani cinefili, l’Arsenale è oggi uno dei cineclub più attivi d’Italia. Ha una programmazione che un tempo si sarebbe detta d’essai (ora la definizione è fuori moda). Si trova in un vicolo del centro, a pochi passi dal Corso Italia.
La sala è molto bella, in mattoncini giacché i locali devono aver ospitato qualche magazzino, le poltrone sono comode e spesso vengono organizzati incontri con autori, attori, registi di rango internazionale. Piccola curiosità: la tessera degli iscritti, dal verso opposto a quello dei dati anagrafici, reca la foto di grandi personaggi del cinema. Ogni anno l’immagine è diversa ed è scelta dai soci che votano in una sorta di referendum.
All’uscita dell’Arsenale ho cenato più volte all’Artilafio, un ristorantino semi elegante, senza alcuna personalità particolare. Si mangia bene, c’è una buona carta dei vini, l’oste è burbero e simpatico il giusto, le sale sono accoglienti, la clientela è indigena ed educata, il che in una delle città più turistiche d’Italia è già un grosso merito.
Di tutt’altra tipologia, invece, l’osteria Re di Puglia. Fuori dalle mura e fuori dalla città, lungo la strada per Livorno, in un vecchio casolare di campagna riadattato. L’osteria si inscrive tra quelle di alta tipicità e grossa attenzione alla stagionalità delle materie prime. Insomma è un ristoro che ha sposato una filosofia utile al mangiar bene. Sempre accese le griglie su cui sfrigolano carni strepitose, tutte di provenienza locale.
Un pizzico di Benevento (ce ne saranno anche altri, ma questo mi è particolarmente noto) pulsa nel cuore della città. Renato, tifoso della Vibonese e (ahimé) della Juventus conduce lì una rinomata tabaccheria (da dove, per altro, racconta storie di varia umanità). Ciò ha a che fare con Benevento, non tanto perché Renato sia mio amico, ma piuttosto perché la sua compagna di vita, Teresa, è una beneventana.
Renato e Teresa tiferanno per il Benevento stasera o per il Pisa?
Poco importa, invero, ciò che conta, nello spirito di questa rubrica, è che le città, le persone e le squadre si incontrino senza acrimonia, con la giusta giovialità che dovrebbe accompagnare una partita di calcio (sfottò inclusi).