LA COLLINA BOLOGNESE
Pare sia un piatto di prammatica delle colline bolognesi. Senza dubbio è una efficace metafora di una spontanea ribellione al politically correct nella sua declinazione gastronomica.
Radicchio con i bruciatini. Una pietanza che suona vegan, salutista, penitenziale. Con l’occhio appena strizzato al piacere, il pungolo del proibito. Il bruciato, si sa, è misteriosamente, vedi Maillard, saporito.
Radicchio crudo in julienne. Senza olio, forse anche senza sale. Erba. Erba per mucche si penserebbe. E a vederlo, il piatto, non vien dubbio. Mangiatoia.
La gioia della sobrietà, l’antitesi della magniloquenza “cheffologica”, l’apoteosi della coscienza linda, il sogno della pancia piatta. L’orgogliosa disciplina etica che mortifica il gusto per salvare gli agnellini e i maialini.
Mi sento buon uomo. Osservo il radicchio e mi figuro le porte aperte del paradiso.
IL PORCO
Ma il demonio è un porco.
Quì lo sanno bene da tempi remoti. «Fin dall’epoca romana, la valle padana era celebre per gli allevamenti di suini » (Porci e porcai nel medioevo, a cura di Baruzzi M., Montanari M., Clueb 1981), sebbene in gastronomia il maiale assunse rilievo solo nell’alto medioevo, quando i germanici si insediarono nell’area.
La Bottega del Maiale a Budrio, paesino a poche spanne da Bologna, era un luogo di perdizione, ma antri analoghi sono diffusi un po’ ovunque in Romagna.
L’ambizione e illusione salutista-dietetica del radicchio, allora finisce presto. Finisce con un croccare tra i denti. Con lo sprigionarsi di un saporito gusto sapido. Con la malia del colpo di grasso.
I bruciatini si rivelano. Non sono innocenti cubetti di pane abbrustolito, ma striscette di pancetta di porco bruciate in padella.
Solo la distrazione di pensieri più peccaminosi, indotti dalla scollatura profonda, aperta sulla lattea pelle della commensale, poteva distrarre dalla intuizione o indurre a dubitare della vera natura di quelle stanghette marronastre.
Stanghette che assurgono a teorema: il porco ravviva il mondo!
La triste erba secca d’improvviso vive, gioisce in bocca, si esalta di sapore, vibra. Si unisce licenziosamente alla pancetta per sollazzare la lingua del goloso. Già savio.
La mialitudine è vita, allegria, esaltazione, amore, generosità. Il maiale si dona al radicchio e lo fa superlativo. Lo fa eccellere. Lo eleva.
Mai il goloso penserebbe di ordinare un piatto di radicchio.
E in effetti solo la curiosità ci ha indotti a farlo. La dissonanza tra osteria romagnola e insalata ha tentato il corrotto, al pari della astemia, della puritana, della donna con la culotte, la longuette e il soprabito che nascondeva lo squarcio aperto sul candore.
Sotto il vestito e sotto il radicchio… il maiale.
Superlativo.