Il panino, una delle preparazioni più diffuse e mangiate nel globo terrestre iperalimentato. In alcuni casi, addirittura, il panino è il simbolo di uno stile alimentare, che è anche stile di vita: ipercalorico, ipercolesterolico, ipersciatto, iperscarso di qualità, iperveloce, iperinsapore se non fosse per quelle fettine di terrificanti sottaceti e salse a base di concentrati di lipidi chimici in purezza. Un buon hamburger, in una raffigurazione fumettistica, alzerebbe le mani a coprirsi gli occhi e scapperebbe a gambe levate alla sol vista del manovale, biancovestito ed incappucciato per dissimulare con il candore dell’abito il sozzume che maneggia, pronto ad imbrattarlo di salse multicolor e ricoprirlo con cetriolini marinati in acqua ragia.
Eppure il panino è una madeleine proustiana: le gite scolastiche, le scampagnate fuori porta con la fidanzata o il fidanzato, i giorni di lavoro più intensi dei primi periodi quando la carriera è tutta da costruire, lo stadio, il concerto, il viaggio, a ciascuno il suo ricordo. Se ci si sofferma un attimo a pensare ad pasto a base di panino di certo la memoria regalerà ricordi, emozioni, suggestioni.
Non è detto che il panino debba essere disdicevole come purtroppo quelli che spesso consumiamo fast, correndo verso il gate, la freccia, il casello. Tutt’altro, il panino può essere gourmet e regalarci sapori e abbracci.
Roberta Schira , firma gastronomica del Corriere della Sera, nel suo interessante, a tratti delizioso e sempre gustosissimo “Mangiato bene? Le 7 regole per riconoscere la buona cucina” (Salani editore), illustrando la regola numero 4, equilibrio ed armonia, definisce addirittura la regola del panino perfetto: posta la qualità assoluta degli ingredienti, “lo spessore della farcitura deve essere almeno pari o maggiore della somma delle due fette o dei due strati di pane”.
E’ vero, quelle farciture minimal che rendono il panino ostico da masticare e deglutire sono un abominio. C’è dell’altro, ad ogni modo. Non vorrei trascendere nel sentimentalismo ma nemmeno tradire la verità dei fatti. Il panino è una preparazione d’amore e per essere impeccabile deve essere composto rigorosamente a casa. Il panino sublime richiede tempi slow inconciliabili con le esigenze anche del più raffinato salumaio. Non è questione, infatti, solo arrangiamento degli ingredienti, ci vuole architettura. Postulata l’inesistenza nell’universo del buono della farcitura con un solo componente, salvo rarissime e preziose eccezioni come il panino col pesce di Istanbul o quello siciliano con la meuza (in realtà qui gli ingredienti sono due ma sempre di carne), è necessario costruire un equilibrio tra salato e dolce (inteso nel senso di non salato), secco e umido, magro e grasso. E questa costruzione ha una sua dimensione spaziale. La superficie del pane deve essere ricoperta in modo uniforme dai vari ingredienti, disposti rispettando proporzione e simmetria. Vitruvio Pollione, architetto del I secolo a.c., nel suo “Trattato sull’architettura” scriveva: “la simmetria è il collegamento armonico dei singoli membri dell’edificio”. Ecco dunque che solo attraverso una rigorosa disposizione architettonica della farcitura il panino, addentato, può recare il massimo del compiacimento armonico al nostro palato.
Ci vuole creatività e ordine, dedizione e amorevolezza. Il panino perfetto è arte.
Suggerimento per un panino armonico da rendere perfetto attraverso la meticolosa disposizione degli ingredienti: caprino fresco, fette di zucca cotte a vapore, salmone affumicato.
articolo apparso sul “ROMA” del 24 gennaio 2015 nella rubrica Odissea Gastronomica