Caro Antonio,
ti scrivo dopo tanta vita perché stasera, casualmente, mi è capitato di vederti su Facebook in un video. Parlavi di vino. Hai detto che avresti portato una donna amata a bere quel vino in riva al mare.
L’ultima volta che ci siamo visti, da poco eri invaghito di una calabrese che viveva in Germania. Una che non avevi mai visto ma che dicevi di amare. Una, più realisticamente, che volevi amare, perché ti piaceva amare e speravi di ricevere amore in cambio del tuo. Lei si chiamava Sonia Guerrera, lo ricordo benissimo, sono certo di non sbagliare. Partimmo per Roma con la tua Rover rossa. Per via epistolare, come in un romanzo di Proust, il tuo amore letterario, vi eravate dati appuntamento alla stazione Termini, dove questa Sonia sarebbe stata di passaggio per pochi attimi.
Eri un pazzo che voleva disperatamente amare. Avevi quel giorno una maglietta gialla identica a quella che indossavi stasera e a una che ricordo in una tua foto estiva al mare, con la Gazzetta dello Sport in mano. Ma basta con questi ricordi.
Io vivo a New York da 13 anni, nel lower east side. Casa piccola, bel palazzo. Sono consulente editoriale alla Europa Editions, la corrispondente americana della e/o.
Lavoro impegnativo che mi piace. Siamo molto piccoli e molto considerati.
Quando mi capitano serate a casa di conoscenti ti penso spesso. Ricordo quando, euforico, mi facesti vedere Metropolitan, il film di Whit Stillman. Un prologo al radicalchicchismo del terzo millennio.
Vivo solo.
Ti ho trovato a volte insopportabile per i tuoi amori, per quegli innamoramenti esplosivi che poi finivano in terribili periodi depressivi che affrontavi con altri amori surrogati. Eri fastidiosissimo con Rimmel nel periodo post Fiorella.
Beh, ora un po’ invidio quella tua malattia, quella dipendenza. Hai sempre odiato le dipendenze ma avevi la peggiore, quella dell’amore e non scopavi nemmeno. Scopi ora? Sono curioso.
Io credo di si, nel senso io credo di scopare, ma non so con precisione. Mille occasioni, mille amicizie, un lavoro affascinante, una casa in un quartiere ambito. Ma sono in gabbia. Non mi innamoro mai, anzi mai più. Ho avuto una storia lunga con Mary, Mary Rope, ma il cappio ero io a quanto pare.
Mary è una donna affatto bella, ma a suo modo affascinante. In fondo non ho mai capito cosa mi affascinasse. L’ho pensata molto intelligente. È la marketing manager di una piccola piccola industria tipografica a cui ci rivolgiamo per alcune edizioni di pregio riservate a clienti speciali. Eravamo molto uniti e c’era un gran feeling intellettuale. Sai, film, libri, riviste, musei, giornali, dischi. Quel tipo di complicità.
Lei a letto era una bomba. Tu non l’avresti retta. Voleva cose che a te non piace fare, o almeno non piaceva. Non so cosa sia successo, ma io a un certo punto ho iniziato a ignorarla a letto, a non vederla carnalmente. Non avevo alcun altra, ma il suo corpo mi era estraneo.
Ricordo cosa mi ha detto l’ultimo giorno, prima che andasse via: “sei sadico. Sei bonario, sei diligente, sei fedele, sei impeccabile, stiri le mie mutande, mi sei affezionato. Ti prendi cura di me quel tanto, quel minimo che sia sufficiente ad evitare che si dica il contrario. In questo sei scientifico. A volte mi convinco che hai la mente dell’assassino seriale. Sei meticoloso nel curare i dettagli che ti fungano da alibi. Sei sadico, te lo ripeto. Non mi tocchi da tre mesi. Non rispondi alle mie provocazioni, l’ultima volta, quattro mesi fa forse, mi hai toccato i capelli, ti sei preso la tua parte e poi sei andato a riscaldare i pancacke. Mi hai lasciata così a letto. Tra desiderio e rabbia e frustrazione. Quando mi sono alzata, sforzando naturalezza, ti ho trovato sfogliare il Times, mentre ingozzavi sciroppo d’acero. Che scena orrida. Sei sadico. Dicono che tu sia molto intelligente. Sei un idiota, secondo me. Ti saluto. Non ho rancore per questi anni e nemmeno pentimento. Ma ora, dopo quattro mesi di sostanziale clausura, esco di qui mi trovo uno col qi sufficiente a capire che voglio godere e amare. Ciao. Innamorati, perché tu non ami.”
Beh, te l’ho raccontata perché stasera nella diretta, col tuo amico, avete parlato di amore oltre che di vino.
Il mio numero è xxxxxx chiamami e spiegami come ci si innamora. Anzi, chiamami appena puoi. Lunedì sera mi vedo con una tizia che si chiama Irene. Mi ha chiesto lei di cenare insieme. Potresti darmi la dritta giusta.
Buona domenica, Antò.
Ti voglio bene.
Tuo Marco.
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